| I mangaka
I mangaka (gli autori dei manga), lavorano spesso da soli, senza cioè l'aiuto di sceneggiatori e disegnatori vari; infatti loro fanno le storie, lo storyboad e i disegni. I mangaka sono aiutati solo dagli assistenti, che hanno il compito di ripassare il nero nelle sfumature, di creare altre sfumature e di riempire i particolari tralasciati dal mangaka. Ecco un sintetico elenco, necessariamente parziale, di alcune di queste grandi matite.
Osamu Tezuka (1928 - 1989) Osamu Tezuka, noto come “Manga no Kamisama”, il "dio dei manga", è il più grande mangaka giapponese. Un autore capace di donare al fumetto una dignità letteraria che trascende l’originaria impostazione comica per sfociare in una dimensione adulta. Al di là delle scintillanti trame, i manga di Tezuka contengono messaggi importanti, che sottolineano la volontà di appassionare, incuriosire e far riflettere. La sua straordinaria vita, la magia dei suoi personaggi e l’originalità del suo pensiero sono oggi raccolti in Osamu Tezuka - Una biografia manga” (Coconino Press). le tappe più importanti della sua immensa produzione, partendo dalle serie animate (The Monkey, La pricipessa Zaffiro, I Bon Bon magici di Lilly, Capitan Jet) ai corti che mostrano le diverse tecniche sperimentate a partire dal '62 fino all'87, al lungometraggio su Black Jack, fino ad arrivare all'ultimo colossal animato, Metropolis, tratto dal manga del '49.
Katushiro Otomo (1954 - ) E' l'autore di Akira. Sin dai tempi del liceo ha subito l'influenza del nuovo spirito di ribellione che si respirava dai film americani dell'epoca. Una menzione particolare va alla storia Kanojo no Omoide ("Memorie"), pubblicata nella raccolta a cui dà il nome, che verrà trasposta in anime molti anni dopo nel film Memories. Nonostante la pubblicazioni di queste storie brevi, fu solo con Fireball del 1979 che Otomo si fece conoscere al grande pubblico. A causa dei numerosi progetti che stava seguendo però, Otomo non potè continuare la storia lasciandola incompiuta, meglio così visto che dall'idea di riscrivere Fireball è nato quel capolavoro di Akira. La sua seconda serie Domu (Sogni di bambini), iniziata nel 1979, lo rese famoso e gli fece ricevere il Gran Premio della Fantascienza del Giappone (che per la prima volta venne attribuito ad un manga). Nel dicembre del 1982 (su "Young Magazine") appare Akira, considerata a tutt'oggi l'opera fondamentale del grande Otomo.
Akemi Takada (1952 - ) E' famosa in Italia per essere la character designer (illustratrice) di serie di successo come "L'incantevole Creamy" (Maho no tenshi Creamy Mami), "E' quasi magia Johnny" (Kimaore Orange Road), "Lamù la ragazza dello spazio" (Urusey Yatsura), "Cara dolce Kyoko" (Maison Ikkoku) e Patlabor. I personaggi della Takada sono caratterizzati da tratti molto dolci e allo stesso tempo sensuali: le sue ragazze sembrano ammiccare a chi le ammira e non risultano mai volgari.
Go Nagai (1945 - ) Kiyhioshiy Nagai è nato il 6 settembre 1945 a Wajima, nella prefettura di Hishikawa. Ha dato notevole impulso all'industria dell’animazione (la sua Dynamic Production conta diverse filiali nel mondo, tra cui quella italiana). A lui si deve l'introduzione dell'erotismo nel fumetto (oggi pressoché una costante nel manga giapponese) con Harenchi Gakuen ("La scuola senza pudore"), e il concetto del robot gigante pilotato da un uomo, che ha fatto la fortuna di molte serie televisive. Tuttavia non va trascurato che è inventore, spesso non curante di un'opinione pubblica non favorevole, di numerosi generi mescolanti mitologia, erotismo, robotica, horror e comicità. Tra i suoi celebri personaggi, ricordiamo: "Devilman", "Cutey Honey", e Majinga Zetto ("Mazinga Z"), tutti e tre del 1972 e tutti e tre di ispirazione fantascientifica, pubblicati su "Shonen Magazine". Del 1974 sono le serie tv di "Cutey Honey", del "Grande Mazinga", di "Space Robot" di "Jet Robot", di Kotetsu Jeeg ("Jeeg Robot d'acciaio"). L'anno dopo trionfa con il fumetto di "Ufo Robot Grendizer" e le serie animate di "Kotetsu Jeeg" e di "Ufo Robot Grendizer".
Hayao Myiazaki (1941 - ) Lupin III e Conan. Sono queste le credenziali di Hayao Miyazaki come mangaka. Nato e cresciuto a Tokyo, ha lavorato per lo studio Toei Douga a partire dal 1963, dove ha creato alcuni dei grandi classici dell'animazione nipponica, come Aribaba to 40-ppiki no Taizoku ("Alì Babà e i 40 ladroni"). A partire dal 1973 ha lavorato con la Nippon Animation, per la quale nel 1978 ha disegnato la sua prima serie per la tv, Mirai Shounen Konan ("Conan, il ragazzo del futuro"). Il suo primo lungometraggio, Rupan Sansei: Terebi to Kariosutoro no Shiro ("Lupin III: il castello di Cagliostro") fu invece per la Tokyo Movie Shinsha, nel 1979. Nel 1984 ha curato l'anime di Kaze no Tani no Naushika ("Nausicaä della valle del vento"), basato sull'omonimo manga da lui disegnato. Affermatosi come uno dei principali disegnatori giapponesi, ha fondato e diretto fino ad oggi lo Studio Ghibli, per il quale ha prodotto il suo maggiore successo economico: Mononoke Hime ("La Principessa Mononoke"), che ha incassato circa 150 milioni di dollari (l'incasso più alto della storia del cinema giapponese) e gli è valso il premio Oscar della Accademia cinematografica nipponica.
Rumiko Takahashi (1957 - ) Premiata nel 1978 dalla Shogakukan come "miglior disegnatore emergente", nello stesso anno dà vita alla sua più indimenticabile eroina: Lum, o Lamù, sulle pagine del celebre Shonen Sunday. Il successo arrivò però solo a partire dal 1981, con la produzione dell'anime di 216 episodi, da noi trasmesso su Tmc. Dal 1986 al 1988 ha creato Maison Ikkoku, ("Cara dolce Kyoko"), un altro successo dal quale viene prodotta una serie animata e un film d'animazione. Si è successivamente dedicata a Ranma ½ manga che combina comicità e arti marziali. Recente è il grande successo di Inuyasha, il cui anime da noi è trasmesso da Mtv. Qui le storie sono più cupe ed adulte e più movimentate con veri e propri combattimenti, senza rinunciare però alle gag comiche tipiche delle sue storie.
Tsukasa Hojo (1961 - ) Tsukasa Hojo è uno dei mangaka che meno si è lasciato influenzare dal mercato internazionale e dal gusto delle nuove generazioni occidentali. Scoperta la passione per il disegno all'università, inizierà a lavorare in campo artistico come cartoonist, creando lavori propri. Nel 1979 arriva al secondo posto al premio Tezuka con Space Angels, la sua prima produzione. La Shueisha lo ingaggia e Hojo raggiunge nel 1981 il successo internazionale con Occhi di gatto (Cat's Eye). Da allora tutti i suoi lavori usciranno sotto l'egida di questo grande colosso editoriale. Nel 1983 inizia a lavorare a City Hunter, pubblicando le due storie brevi "City Hunter XYZ" e "City Hunter: Double Edge" (quest'ultima pubblicata su Flash Jump); la serie debutterà poi ufficialmente nel 1985, per finire soltanto nel 1991, dopo aver totalizzato ben 35 volumi. Attualmente lavora sul manga Angel Heart il seguito di City Hunter.
Riyoko Ikeda (1947 - ) Una delle più popolari autrici di shojo degli ultimi venti anni. Dalla sua matita sono uscite opere che hanno fatto la storia dei cartoni animati in Italia, basti citare serie quali "Lady Oscar" (Versailles no Bara) e "Caro fratello" (Oniisama e...). Ikeda ha sempre privilegiato le evasioni nel passato, in particolare il Settecento, e nello spazio, con un particolare occhio alla Francia e più in generale all'Europa. Altri suoi lavori importanti sono La finestra di "Orfeo" (Orpheus no mado), del 1981, storia di passioni, morte e amore ai tempi della rivoluzione bolscevica, ed Eroika, una specie di seguito di "Lady Oscar", incentrata sulle avventure dei tre superstiti Alain, Bernard e Rosalie.
Yumiko Igarashi (1945 - ) Candy Candy (1975) e Georgie (1982). Bastano questi due nomi a far capire la popolarità di Yumiko Igarashi. Quasi tutte le sue opere sono di ambientazione occidentale, dove le protagoniste hanno capelli biondi e riccioluti e occhi grandissimi e chiari. La scelta non è casuale, la Igarashi vuole raccontare storie realistiche ma lontane dalla routine quotidiana, proponendo uno scenario diverso e lontano dal Giappone dove i lettori possano lasciare libera la fantasia. Alterna manga realizzati interamente da lei, al disegno su soggetto di altri. Lo stile grafico che la contraddistingue, è ricchissimo di particolari e definito con la massima cura in ogni dettaglio. Tutto è disegnato con estrema precisione: gli abiti, le pettinature, gli sfondi delle tavole arricchiti spesso delicatissimi fiori. Una grande attenzione è riservata all'arredamento degli ambienti, dove ogni mobile è descritto in ogni particolare; alle architetture, disegnate dopo ricerche sul luogo in questione, e ai giardini dove sono disegnate perfino le singole foglie degli alberi e i petali dei fiori. Il messaggio della Igarashi è sempre positivo: le eroine dei suoi racconti, nonostante le difficoltà, riescono sempre a realizzare i loro sogni. Qualunque cosa accada, emerge sempre una certa serenità di fondo, la certezza che alla fine, tutti i problemi si risolveranno. Recentemente si è rivolta alla produzione di manga shonen ai.
Leiji Matsumoto (1938 - )
Matsumoto appartiene a quella schiera di personaggi che hanno fatto la storia del fumetto giapponese. Nato nel 1938, è già solo per ragioni anagrafiche uno dei grandi vecchi entrati nella leggenda dei mangaka, ma oltre a ciò la sua opera rappresenta una sorta di polo opposto a quella che fu la tematica fantascientifica più famosa negli anime degli anni Settanta. In quel decennio, infatti, ai robot antropomorfi di Go Nagai, e dei suoi imitatori, venne affidato il compito di esprimere le contraddizioni di un Giappone che correva ad occhi chiusi verso una modernizzazione selvaggia. In queste opere il paradosso di una nazione meticolosamente attaccata ai suoi valori tradizionali e contemporaneamente lanciata a rotta di collo verso un futuro avveniristico, prende corpo con una forza d'impatto che cambierà la storia dell'animazione e non solo quella giapponese. In quel medesimo giro di anni il giovane mangaka Akira Matsumoto cambia nome, assumendo lo pseudonimo di Leiji (o Reiji), e con tale mutamento egli sembra voler segnare un passaggio dalle opere shoujo della giovinezza, alla fantascienza avventurosa e romantica di cui presto diventerà il maggior rappresentante. Per definire la produzione di Matsumoto gli Americani hanno inventato il neologismo leijiuniverse, ed in effetti è di un universo che si tratta e non solo perché quelle di Matsumoto sono opere di fantascienza. Questo universo comincia a prendere corpo con una serie di esperimenti iniziati alla fine degli anni Sessanta. In una successione di manga brevi, Matsumoto comincia infatti a mettere a punto quelli che saranno i temi, le atmosfere, i personaggi di questa nuova fantascienza, fino a quando nel 1975 esce Uchu Senkan Yamato (La corazzata Yamato), seguito nel 1977 da Ginga Tetsudo 999 (Galaxy Express 999) e Uchu Kaizoku Captain Harlock (Capitan Harlock). Con queste tre opere vengono gettate le basi di una saga che fino ai giorni nostri non fa che arricchirsi di nuovi capitoli, apparentemente slegati l'uno dall'altro, ma collegati dall'ambientazione, dall'atmosfera e da alcuni personaggi che "saltano" di storia in storia. Una nave spaziale lanciata verso una galassia lontana alla ricerca di un antidoto con cui salvare la Terra; un ragazzo che intraprende un interminabile viaggio di pianeta in pianeta per raggiungere il sogno di avere un corpo immortale; un pirata dello spazio che lotta contro alieni di forma femminea, che "bruciano come carta" e sono in realtà dei vegetali. E così, mentre i robottoni lottavano saldamente ancorati alla Terra, la fantascienza di Matsumoto allarga la sua ottica e salpa per lo spazio interstellare, verso un non-luogo che diventa una presenza costante, in magnifiche tavole a pagina intera, dove il nero assoluto è appena rischiarato dai punti bianchi di galassie immobili e remote. Uno spazio necessariamente non umano, nella sua immensità fredda e indifferente, ma che rappresenta il luogo aperto per eccellenza, vuoto di leggi e di limiti, in cui da sempre l'avventura prende inizio. Ed è l'insistenza ossessiva su questo spazio illimitato che fornisce la prima chiave di lettura del leijiuniverse, che prima di ogni cosa ha la forma di un canto per l'uomo, un'esaltazione dell'umanità e delle sue peculiarità. L'avventura si sa comincia da un ostacolo posto sulla strada dell''eroe e consiste nella narrazione del modo in cui questo ostacolo viene superato. Nella capacità di oltrepassare l'ostacolo l'eroe può dimostrare il suo valore, ed ogni superamento non è che una metafora dell'eterna lotta dell'uomo contro i limiti imposti dalla sua stessa natura. Matsumoto ambienta le sue opere nello spazio profondo, consapevole, come ogni autore di fantascienza, di come l'abisso dell'infinito rappresenti il freno più ostile e più pericoloso, per creature nate e nutrite nell'orizzonte di una pianeta materno e protettivo. La Terra, infatti, nei sogni di Capitan Harlock e degli altri suoi protagonisti, è la casa, il luogo dal volto familiare, amato e nostalgicamente rimpianto, ma da cui ci si allontana per inseguire un destino che paradossalmente dovrebbe rendere l'eroe ancora più umano, se essere uomo necessita di un eterno slancio volto a superare sempre nuovi limiti. Eppure a leggere i manga di Matsumoto e a guardare gli anime, ancora più famosi e celebrati, c'è qualcosa che non torna. Lo spirito infatti con il quale le avventure di questi personaggi straordinari sono narrati, non è epico, ma piuttosto si direbbe elegiaco. Una strana, sottile tristezza impregna ogni sua opera, una malinconia meravigliosamente simboleggiata nei manga da una serie di tratti grafici, come l'uso particolarmente generoso dei retini, dove il nero a volte occupa intere pagine, o l'uso di inquadrature fatte di campi lunghissimi, dentro ai quali gli esseri umani sono appena tratteggiati, quasi fossero minuscole caricature. E ancora questa stessa malinconia si rivela nella personalità e nei gesti dei suoi indimenticabili protagonisti. Le donne per prima cosa, alte e longilinee creature, immagini eteree ed impalpabili, che possono diventare estranee e pericolose, quasi a rilevare un fondo misogino, oppure salde e materne, ma sempre intoccabili, come il più nostalgico dei sogni. E poi gli uomini, solitari e leali, coraggiosi di un coraggio disperato, ma mai strafottente, cavalieri di un ideale irraggiungibile, o per meglio dire sorpassato dalle mode e dall'indifferenza. Il male contro il quale lottano questi eroi è il disfacimento della Terra amata a causa di un pericolo che non è semplicemente il simbolo di una minaccia culturale. Questo pericolo sfida, infatti, non solo la memoria e l'attaccamento alle tradizioni, ma lo stesso significato intrinseco dell'essere uomo. Esso è prodotto da una follia che inneggia a valori apparentemente nobili, ma in realtà perniciosi. Ideali come la forza, la durezza, la solidità, il controllo delle emozioni che dovrebbero animare l'uomo superiore (vedi per esempio, il sogno di un'umanità eletta di Fuhrer Doppler, il cattivo di Danguard A), ma in realtà non sono che il sintomo di un processo di disumanizzazione, che culmina, in opere come Galaxy Express o nella seconda serie di Capitan Harlock (Waga Seihun no Arcadia - L'arcadia della mia giovinezza) nell'invenzione degli androidi: immortali uomini-macchina, tanto potenti quanto inumani. A ben guardare perciò se un'esaltazione dell'umanità esiste in Matsumoto essa è all'estremo opposto di quella che si legge in filigrana nella nostra cultura, perché non è celebrazione della potenza, della forza e della durata, ma al contrario della fragilità e della caducità. Contro la ragione asettica delle Mazoniane, contro la fredda superiorità degli Umanoidi, contro la selezione genetica di Fuhrer Doppler, contro gli uomini-macchina, perfetti ed eterni di Galaxy Express 999, Matsumoto oppone la sua concezione dell'uomo, il cui destino consiste nel percorrere uno spazio infinito, in un tempo infinito, e nonostante ciò nel difendere, come se fosse il bene più prezioso, il proprio corpo di carne e sangue destinato a morire, e proprio per questo degno di essere amato e salvaguardato come la più preziosa delle cose.
Jiro Taniguchi (1947 - )
Nato a Tottori (Giappone) il 4 agosto 1947 Jiro Taniguchi debutta come autore completo nel 1970 sulla rivista Young Comic grazie alla storia breve Kareta Heya (La stanza arida). L'anno successivo vince il premio indetto annualmente da Big Comic (Shogakukan) con il fumetto intitolato Toi Koe (Voci lontane). Nel 1975 vede la luce il suo primo manga che ha per protagonisti gli animali, soggetti ricorrenti nelle sue opere: si tratta della serie Namae no nai Dobutsutachi (Animali senza nome). Nel 1976 inizia la collaborazione con lo scrittore Natsuo Sekikawa con cui realizzerà molte storie hard boiled per la casa editrice Futabasha, tra cui Rind! 3, Muboi Toshi (Città aperta), Nashikaze wo Shiroi (Il vento dell'Est è bianco), Hotel harbour View (edito in Italia da Planet Manga col titolo TOKYO KILLERS). Dal 1980 collabora anche con lo scrittore Caribu Marley per storie di ambientazione pugilistica pubblicate sempre da Futabasha: Ao no Senshi (Il guerriero blu), Knukle Wars (Guerre di nocche), Live Odissey.
Nel 1985 nasce la serie Botchan no Jìdai (Ai tempi di Bocchan), incentrata su Botchan, un classico della letteratura giapponese scritto da Soseki Natsume e ambientato nel periodo Meiji (1864- 1912).
Sempre nel 1985 realizza la serie di fantascienza Chìkyu Hyokai Kiji (Cronaca del dissolvimento della Terra). Nel 1990 su testi propri comincia la serie Blanca, storia di un cane dotato di poteri psichici pubblicata da Shogakukan. Nello stesso anno nascono anche due serie di storie brevi, in seguito raccolte ognuna in un volume unico: Genju Jiten (Enciclopedia degli animali primordiali) e Aruko Hito (L'uomo che cammina). Nel 1992 la storia breve Inu o Kau (Allevare un cane) vince il premio Shogakukan. La collaborazione con lo scritture Shiro Tosaki per Futabasha porta, nel 1993, al volume K, di ambientazione alpinistica. Nel 1993 disegna Keyaki no ki (L'olmo e altri racconti), sui testi di Ryuichiro Utsumi, una serie di racconti che descrivono abitudini, emozioni, il modo di pensare di persone comuni giapponesi, mettendo a nudo tutti i limiti della società nipponica.
Nel 1995 scrive e disegna Chichi no koyomi (Al tempo di papà) vero e proprio romanzo a fumetti, giocato sul filo del ricordo. Nel 1996, per il settimanale Morning (Kodansha), disegna il fantascientifico Icaro su sceneggiatura del francese Mœbius.
Per Shogakukan, nel 1999, scrive e disegna la serie in due volumi Harukana machi (Al paese lontano), il cui protagonista è un uomo di 48 anni che si ritrova inspiegabilmente nel passato, all'età di 14 anni, col corpo d'adolescente e la mente di un adulto. Sempre per Shogakukan esce nel 2000 Quest for the Missing Girl, volume unico costruito attorno a un rocambolesco salvataggio, che vede uno scalatore fare free climbing su un altissimo palazzo di Tokyo per soccorrere una ragazza rapita.
Nel 2001 si dedica al Far West serializzando sulla rivista Weekly Action (Futabasha) Sky Hawk, in cui due giapponesi si ritrovano in mezzo a indiani e cowboy e alle prese con i classici problemi della frontiera americana.
[tratto da mardukkina.com]
Edited by Kazuya The Legend - 23/6/2006, 21:12
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